Il tema del diritto di prelazione dell’inquilino nella vendita di immobili ad uso abitativo è spesso oggetto di dubbi e fraintendimenti. Non di rado, chi vive in locazione crede di poter sempre vantare un diritto di “acquisto preferenziale” se il proprietario decide di vendere la casa. In realtà, il legislatore ha scelto una disciplina restrittiva ed eccezionale, proprio perché deve bilanciare due interessi contrapposti: da un lato, la libertà del proprietario di disporre del bene, dall’altro, la tutela dell’inquilino che ha investito nella stabilità della propria abitazione.
L’ordinamento italiano prevede dunque che la prelazione abitativa non sia generale, ma scatti solo in un caso tassativo, individuato dall’art. 3, comma 1, lett. g), L. 431/1998: il locatore può negare il rinnovo del contratto alla prima scadenza(quattro anni nei contratti 4+4, tre anni nei 3+2) se intende vendere l’immobile a terzi e non possiede altri immobili ad uso abitativo, fatta eccezione per quello eventualmente adibito a propria abitazione.
Prelazione e “prima scadenza”: perchè la legge ha scelto questa soluzione
Il momento chiave è rappresentato dalla prima scadenza del contratto di locazione.
Se il locatore esercita il recesso a tale scadenza con preavviso di almeno sei mesi e lo motiva con l’intenzione di vendere l’immobile, allora l’inquilino ha diritto di prelazione.
Se invece la vendita avviene in costanza di contratto, senza diniego alla prima scadenza, la prelazione non si applica. In questo caso opera il diverso principio civilistico di cui all’art. 1599 c.c. (“emptio non tollit locatum”), secondo cui l’acquirente subentra nei diritti e negli obblighi derivanti dalla locazione e deve rispettarne i termini fino alla scadenza.
La ratio di questa scelta è chiara: evitare che il diritto di prelazione diventi un vincolo permanente per ogni alienazione, ma al tempo stesso tutelare l’inquilino nel momento più delicato, ossia quando la sua permanenza nella casa è messa in discussione dal diniego di rinnovo.
La denuntiatio: contenuto e forma della comunicazione
Una volta ricaduto nello schema previsto dalla legge, il locatore è tenuto a notificare al conduttore la cosiddetta denuntiatio, cioè la comunicazione formale della volontà di vendere.
Secondo l’art. 38 L. 392/1978, richiamato dall’art. 3 L. 431/1998, questa comunicazione deve:
indicare il prezzo richiesto;
precisare le condizioni della compravendita (modalità di pagamento, termini di stipula, eventuali oneri accessori);
invitare l’inquilino a esercitare o meno la prelazione.
Quanto alla forma, la norma prevede l’atto notificato a mezzo ufficiale giudiziario, modalità che garantisce certezza di contenuto e di data. Nella prassi, si ricorre talvolta anche a raccomandata A/R o PEC, ma l’atto notificato resta lo strumento più sicuro sotto il profilo probatorio.
I termini per l'esercizio: 60+30
L’inquilino che intenda esercitare la prelazione dispone di un termine di 60 giorni dalla ricezione della denuntiatio per dichiarare, anch’egli con atto notificato, la propria volontà di acquistare alle medesime condizioni.
Successivamente, deve procedere al versamento del prezzo entro i 30 giorni decorrenti dal sessantesimo giorno, salvo che la denuntiatio indichi un termine diverso. In questo modo la legge tutela sia la serietà dell’intenzione dell’inquilino, sia l’interesse del locatore a concludere la vendita in tempi certi.
Il rimedio del riscatto in caso di pretemessione
Se il proprietario vende l’immobile senza rispettare la procedura e senza comunicare la prelazione all’inquilino, quest’ultimo può avvalersi dell’azione di riscatto prevista dall’art. 39 L. 392/1978.
Il conduttore ha sei mesi dalla trascrizione dell’atto di compravendita per esercitare il riscatto nei confronti dell’acquirente e degli eventuali aventi causa, subentrando nella posizione del terzo e acquistando l’immobile alle stesse condizioni pattuite.
Il riscatto costituisce dunque un rimedio forte, che consente di neutralizzare una vendita effettuata in violazione della prelazione, a condizione però che il conduttore rispetti rigorosamente i termini di legge.
Esclusioni e limiti oggettivi
La prelazione abitativa non si applica in alcuni casi particolari, che vale la pena sottolineare:
Vendita a favore del coniuge o di parenti entro il secondo grado: la tutela opera solo nei confronti di alienazioni verso terzi estranei.
Trasferimenti gratuiti (donazioni, liberalità): la prelazione riguarda solo atti a titolo oneroso.
Divisione ereditaria: se l’immobile è in comunione, prevale la disciplina della prelazione ereditaria ex art. 732 c.c., che tutela prioritariamente i coeredi.
Implicazioni pratiche
Per il locatore, la vendita alla prima scadenza è possibile, ma richiede particolare attenzione:
occorre verificare di non possedere altri immobili abitativi;
bisogna rispettare il preavviso di sei mesi;
la denuntiatio deve essere completa e notificata correttamente.
Un’omissione o un’irregolarità può esporre a riscatto e quindi a un contenzioso che vanifica la vendita.
Per il conduttore, è importante distinguere:
se la vendita avviene durante il contratto, senza diniego alla prima scadenza, non c’è prelazione ma c’è pieno diritto a restare nell’immobile fino alla scadenza contrattuale;
se riceve la denuntiatio, deve valutare la convenienza economica ed eventualmente esercitare la prelazione nei termini di legge (60 + 30);
se scopre che la prelazione gli è stata negata, deve agire tempestivamente con il riscatto entro sei mesi dalla trascrizione. Se hai bisogno di una consulenza mirata sulla tua situazione, affidati allo Studio legale Grilli Venuti.
Fonti normative
L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 3, co. 1, lett. g)
L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38–39
Codice civile, artt. 1599 e 732





