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Diritto all’oblio e cronaca giudiziaria: la Cassazione richiama i giudici al corretto bilanciamento

2025-06-22 13:54

Tiziano Benedetti

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Diritto all’oblio e cronaca giudiziaria: la Cassazione richiama i giudici al corretto bilanciamento

Sentenza n.14488 del 30 maggio 2025. Diritto all’oblio e cronaca giudiziaria: la Cassazione richiama i giudici al corretto bilanciamento.

Con la sentenza n. 14488 del 30 maggio 2025, la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione è tornata ad affrontare un tema di particolare attualità e delicatezza, ovvero il bilanciamento tra il diritto all’oblio e il diritto di cronaca giudiziaria, alla luce delle trasformazioni imposte dalla diffusione dell’informazione digitale.

Il caso oggetto del giudizio riguardava un soggetto che, pur essendo stato assolto in via definitiva dall’accusa di appartenenza a un’associazione di tipo mafioso, continuava a essere associato a tale vicenda nei risultati dei motori di ricerca, a causa della persistenza online di alcuni articoli di stampa pubblicati in precedenza. La Corte d’appello aveva rigettato la domanda di deindicizzazione, ritenendo che la permanenza in rete delle notizie fosse comunque giustificata dalla circostanza che l’interessato era stato condannato, in via definitiva, per un diverso reato – quello di usura. Tuttavia, secondo la Suprema Corte, questo argomento non poteva legittimare, da solo, il rigetto della domanda, specie laddove le notizie contestate non menzionavano affatto la condanna per usura e non riportavano alcun aggiornamento sull’avvenuta assoluzione.

Nel motivare la propria decisione, la Cassazione ha ribadito che il diritto all’oblio, riconosciuto a livello europeo dall’articolo 17 del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), deve essere bilanciato con il diritto di cronaca secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e attualità dell’informazione. Il giudizio di bilanciamento non può ridursi a un apprezzamento generico o astratto, ma deve fondarsi su una valutazione concreta delle circostanze del caso, prendendo in considerazione, tra gli altri, il tempo trascorso dalla vicenda, la notorietà del soggetto, la rilevanza pubblica della notizia e la sua veridicità e completezza. Un’informazione non aggiornata, che ometta sviluppi rilevanti come una sentenza di assoluzione, può generare un pregiudizio grave per la reputazione della persona, con effetti distorsivi sull’immagine sociale e professionale.

Particolarmente significativa, nella pronuncia in esame, è la puntualizzazione della Corte secondo cui anche in sede di legittimità è possibile sindacare la valutazione del giudice di merito, qualora il ricorso denunci la violazione dei principi metodologici e dei criteri legali imposti dal sistema, e non semplicemente il diverso apprezzamento dei fatti. In questo senso, la Suprema Corte ha affermato che, nel bilanciamento tra libertà di informazione e diritto all’identità personale, la valutazione non può prescindere dalla considerazione dell’autodeterminazione informativa dell’individuo, intesa come il diritto fondamentale a controllare la diffusione e la permanenza dei dati che contribuiscono a definirne l’identità pubblica.

La pronuncia assume particolare rilievo in un contesto in cui la permanenza delle notizie in rete, indipendentemente dalla loro attualità e veridicità, può compromettere in modo irreversibile la dignità e la reputazione del singolo. La deindicizzazione dai motori di ricerca non comporta la cancellazione della notizia, ma ne limita l’accessibilità attraverso ricerche nominative, riducendo il rischio di una visibilità sproporzionata rispetto all’interesse pubblico effettivo. La Corte ha dunque ribadito che non si tratta di oscurare la verità, bensì di assicurare che l’informazione veicolata sia contestualizzata, completa e rispettosa dei principi costituzionali che tutelano la persona.

In sintesi, la sentenza n. 14488/2025 conferma un orientamento sempre più attento alla tutela dell’identità digitale e della reputazione individuale, sottolineando come l’informazione, per essere legittima, debba essere non solo vera, ma anche aggiornata, proporzionata e realmente utile per l’interesse collettivo. In assenza di questi presupposti, prevale il diritto del singolo a non essere esposto in maniera indefinita a una rappresentazione parziale o superata della propria storia personale e giudiziaria.

 

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Il nostro studio è da tempo impegnato nella difesa dell’identità digitale e nella gestione legale della reputazione online. Forniamo assistenza personalizzata a chi intenda richiedere la deindicizzazione di contenuti lesivi, accompagnando i nostri assistiti in tutte le fasi, dalla redazione delle istanze rivolte ai motori di ricerca e agli editori, fino all’eventuale contenzioso giudiziario. La giurisprudenza recente conferma che il diritto all’oblio non è un privilegio, ma una forma di tutela essenziale per garantire una società fondata sull’equilibrio tra memoria e verità, giustizia e dignità.